domenica 24 febbraio 2013


UN DIRITTO SOGNATO DA MIGLIAIA DI GENERAZIONI...


Art. 48.2 Cost. " Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico". 


Pensate, pensa a quanti secoli di lotte, sangue e sofferenze sono serviti per ottenere un voto personale, uguale, libero e segreto!

Nell'Antica Roma lo ius suffragi consisteva nella facoltà di votare nei comitia. Però non era segreto, divenne tale solo a partire dal 135 a.C.. E gli stranieri? Gli stranieri potevano votare solo in possesso della cittadinanza cum suffragium, e dunque la maggior parte della popolazione non godeva di tale diritto. Con l'approvazione della Lex Iulia si ebbe un notevole ampliamento di questo beneficio, sino all'editto di Caracalla che con la Constitutio Antoniniana lo attribuì a tutti i cittadini LIBERI dell'Impero. 

Nel Medioevo il diritto di voto si eclissò, lasciando un notevole spazio a regimi di assolutisti.

A partire dal XVII secolo, in Inghilterra, si assiste ad una nuova rivendicazione di questo diritto, pensatori quali Locke, Hobbes, ma soprattutto Rosseau, iniziarono a parlare del c.d. "Contrat social", basato sulla democrazia diretta, unica alternativa alla monarchia. E come non prendere in considerazione la corsa verso l'uguaglianza che si verificò oltre Oceano a partire dal 1787?O ancora la Costituzione francese del 1793 che identificando esplicitamente l’universalità dei cittadini maschi e il popolo sovrano, conferì loro immediatamente il diritto di eleggere i deputati, di deliberare sulle leggi e di votare gli elettori degli arbitri pubblici, degli amministratori e dei giudici criminali e di Cassazione. 

Successivamente in Europa le legislazioni elettorali si sono per lungo tempo ispirate al principio del suffragio ristretto, stabilendo dei requisiti di reddito (suffragio censitario) o di cultura (suffragio capacitario) o combinandoli tra loro. Da un punto di vista teorico, la limitazione del suffragio si ricollegava all’idea del voto non come diritto, ma come funzione, esercitata nell’esclusivo interesse della nazione o dello Stato: in quanto tale, esso poteva essere conferito non a tutti i cittadini, ma solo a coloro che fossero nelle condizioni di poterlo proficuamente esercitare, godendo di determinati requisiti soggettivi di censo e/o di cultura.

E in Italia? In Italia sino alla proclamazione del Regno d’Italia la legislazione sarda estesa al nuovo Stato prevedeva un suffragio circa del 2%, che combinava alti requisiti di censo e di capacità, oltre al requisito di saper leggere e scrivere. Un primo allargamento del suffragio è stato operato nel 1882, che ha abbassato l’età minima da venticinque a ventuno anni ed ha ridotto significativamente i requisiti di censo a favore di quelli di capacità (l’aver compiuto con buon esito il corso elementare obbligatorio), portando il rapporto tra elettori e popolazione al 7%. Un più cospicuo allargamento del corpo elettorale (fino a circa il 23 per cento) si è avuto nel 1912, che ha introdotto il c.d. suffragio quasi universale maschile: a seguito di questa legge, sono stati ammessi al voto tutti i cittadini maschi di età superiore ai ventuno anni che avessero superato con buon esito l’esame di scuola elementare e tutti i cittadini di età superiore ai trenta anni indipendentemente dal loro grado di istruzione.

Il suffragio universale maschile vero e proprio è stato introdotto con la l. n. 1985/1918, che ha ammesso al voto tutti cittadini maschi di età superiore ai ventuno anni, nonché i cittadini di età superiore ai diciotto anni che avessero prestato il servizio militare durante la Prima Guerra mondiale.

 Il voto alla donne è stato riconosciuto, invece, con il d.lgs.lgt. n. 23/1945.

E tutte queste lotte hanno portato ad un voto PERSONALE, che proibisce quindi il voto per procura, EUGUALE, impedendo il voto plurimo, ossia la possibilità che il voto di un soggetto, per i suoi requisiti soggettivi, possa avere un valore numerico superiore a quello di un altro, LIBERO e SEGRETO, rendendo nullo ogni patto con il quale l’elettore si obbliga a votare in un certo modo!!

Tu, tu hai la possibilità di cambiare la carte in tavola soltanto con una “X”.
Tu, tu hai questo diritto senza nemmeno aver lottato.
Tu, tu soltanto per rispetto per chi ha lottato per ottenere ciò dovresti considerare tale diritto come radicato in te.

Tu, tu se non voterai dovresti soltanto vergognarti

2 commenti:

  1. Non sono d'accordo per nulla con la conclusione. Le lotte che giustamente ricordi sono state fatte per concedere a tutti (o quasi) la LIBERTA' di decidere, proporzionalmente al proprio "peso", del proprio futuro. E tra queste libertà c'è anche quella di non votare, cioè di non decidere. Non mi è stato consegnato l'obbligo, ad ogni caduta di governo, di eleggere un nuovo parlamento, ma mi è stato dato IL DIRITTO di indicare liberamente e segretamente chi vorrei mi governasse per i prossimi X anni. Ritengo sia giusto non votare se non mi sento rappresentato da nessuno dei contendenti.
    Inoltre considera che il non voto è di fatto un voto, e il dato dell'affluenza è un indicatore molto importante in ogni elezione.
    Chiudo dicendo che nelle democrazie più sviluppate l'affluenza alle urne è storicamente più bassa rispetto alle democrazie-fantoccio in cui magari c'è il 100% di affluenza ma un solo partito da votare

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  2. Mi dispiace, ma io penso che il dissenso o il fatto di non sentirsi rappresentati da nessuno lo si debba dichiarare annullando la scheda, non astenendosi!
    E soprattutto se non ti senti rappresentato minimamente da nessuno, devi essere tu a creare l'alternativa, non aspettare il messia di turno che possa ricalcare a pennello il tuo modello politico ideale.

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