lunedì 16 settembre 2013

QUANDO CERCHI IL SILENZIO TROVI IL SUONO...






La Maverick Concert Hall è un’incantevole sala da concerto all’aperto, situata poco a sud di Woodstock, nello stato di New York, edificata in stile rustico in modo da fondersi con l’ambiente naturale.

L’evento più famoso nella storia delle stagioni concertistiche alla Maverick si tenne la sera del 29 agosto 1952: la prima di 4’33” di John Cage. Il pianista David Tudor si sedette al pianoforte sul piccolo palco di legno rialzato, chiuse il coperchio della tastiera e guardò un cronometro. Per due volte nei successivi quattro minuti alzò il coperchio e lo riabbassò, facendo attenzione a non fare rumore, benché girasse anche le pagine dello spartito, che erano prive di note. Dopo che furono passati quattro minuti e trentatré secondi, Tudor si alzò per ricevere gli applausi – e fu così che venne eseguita per la prima volta una delle opere musicali più controverse, illuminanti, sorprendenti, famigerate, imbarazzanti e influenti dai tempi della Sagra della primavera di Igor Stravinskij. Naturalmente, ciò che il pubblico ascoltò durante il brano intitolato 4’33” (Quattro minuti e trentatré secondi, o solo Quattro e trentatré, come era solito chiamarlo Cage) non era puro silenzio. Diversi anni più tardi, Cage descrisse i suoni sentiti durante la performance del 1952, che si distribuirono opportunamente in tre movimenti, come avrebbe voluto la struttura del brano: «Ciò che pensavano fosse silenzio si rivelava pieno di suoni accidentali, dal momento che non sapevano come ascoltare. Durante il primo movimento si poteva sentire il vento che soffiava fuori. Nel secondo, delle gocce di pioggia cominciarono a tamburellare sul soffitto, e durante il terzo, infine, fu il pubblico stesso a produrre tutta una serie di suoni interessanti, quando alcuni parlavano o se ne andavano». Nel 1985, Cage disse a Ellsworth Snyder: «A causa di questo, persi degli amici ai quali tenevo molto. Pensavano che chiamare musica qualcosa che non sei stato tu a fare, equivalesse, in un certo senso, a gettare fumo negli occhi». E ancora: «Nessuno rise, si irritarono quando si accorsero che non sarebbe accaduto nulla, e di sicuro dopo trent’anni non l’hanno ancora dimenticato: sono ancora arrabbiati».

Questo brano nacque da un’esperienza singolare e determinante che lui stesso racconta:“All’inizio degli anni Cinquanta, presi la decisione di accettare i suoni che esistono nel mondo. Prima, ero così ingenuo da pensare che esistesse una cosa come il silenzio. Ma quando entrai nella camera anecoica della Harvard University a Cambridge, sentii due suoni. Pensai che ci fosse qualcosa di sbagliato nella stanza, e dissi all’Ingegnere che c’erano due suoni. Mi chiese di descriverli e lo feci: «Bene – disse – quello più acuto è il suo sistema nervoso in funzione e quello più grave la sua circolazione sanguigna». Questo significa che c’è musica, o c’è suono, indipendentemente dalla mia volontà”. 
Non scegli cosa ascoltare, né lo sceglie il compositore per te. Il compositore non incanala l’ascoltatore in una direzione prestabilita e così 4’33’’ ti dà la possibilità di ascoltare a prescindere dalla tua volontà, per appurare che anche il “non-suono” non coincide col silenzio. Cage stesso dice, parlando di questo brano: “L’ho concepito come un modo particolarmente immediato per ascoltare quanto c’è da ascoltare”. Si esce insomma dalla mentalità duale, secondo la quale esistono il suono o il silenzio.
Inoltre, nella dimensione della ricerca del silenzio, non puoi più scegliere tu, né il compositore. Manca l’atto della scelta e quindi manca un atto della volontà e diventi soggetto passivo rispetto all’ascolto. Rinunciando a scegliere esci dal gioco del sì/no e dalla gabbia del decidere, dalla prigione della dualità per lasciare essere la realtà quella che è.

Sarà bello nella vita cercare il silenzio perché troveremo un mondo inesplorato che ci avvicinerà al suono e alla musica e chissà a cos’altro.


( Fonti: Kyle Gann, "Il silenzio non esiste" ; Riflessioni di Gianna Fratta ) 

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