ECOCIDIO: ASCESA E CADUTA DELLA CARNE
Il mondo moderno ha trasformato animali, lavoratori degli impianti di macellazioni e
consumatori in dati di produzione e consumo utensili e target, privi di qualsiasi valore
intrinseco e spirituale, involucri vuoti mossi in sincronia per tenere il ritmo degli
allevamenti tecnologici, delle linee di lavorazione, delle casse dei fast food.
In Ecocidio: ascesa e caduta della carne, l’economista americano e critico della società,
Jeremy Rifkin37, affronta dal punto di vista storico e culturale “il complesso bovino”, che
nel nome del progresso e del profitto ha devastato il sistema ecologico planetario,
trasformando completamente il mondo.
Attualmente, il nostro pianeta è popolato da un miliardo e 280 milioni di bovini.
Quest’immensa mandria occupa, direttamente o indirettamente, il 24 % della superficie
terrestre e consuma una quantità di cereali sufficiente a sfamare centinaia di milioni di
persone. Il peso complessivo di questi animali supera quello dell’intera popolazione
umana. Il continuo incremento della popolazione bovina sta sconquassando l’ecosistema
terrestre, distruggendo l’habitat naturale di sei continenti; l’allevamento dei bovini è la
principale causa della distruzione delle sempre più ridotte aree di foresta pluviale rimaste
sulla terra. In Centroamerica e Sudamerica, milioni di ettari di foreste vergini vengono
abbattuti per lasciare spazio a pascoli per il bestiame. Il pascolo eccessivo in aree aride o
semi-aride ha creato deserti sterili e desolati in quattro continenti. Negli USA, oggi, la
maggior fonte di inquinamento organico delle falde acquifere è il materiale organico che
esce dalle stalle. I bovini sono anche responsabili di buona parte del riscaldamento globale
del pianeta: emettendo metano, un potente gas-serra che impedisce al calore di
disperdersi fuori dall’atmosfera terrestre.
Bovini e altro bestiame d’allevamento consumano il 70% di tutti i cereali prodotti negli
USA. Oggi, circa un terzo della raccolta totale di cereali è impiegata come mangime per
bovini e altro bestiame d’allevamento, mentre circa un miliardo di esseri umani soffrono
per la fame e la denutrizione cronica. Nei paesi in via di sviluppo, milioni di piccoli
agricoltori vengono allontanati con la forza dalle terre dei loro avi, le quali, dalla
produzione di cereali alimentati per la sussistenza, devono passare a quella, commerciale,
di cereali per mangimi. L’utilizzo di cereali per l’alimentazione animale, mentre milioni di
persone muoiono di fame, ha innescato violenti scontri politici in alcuni paesi in via di
sviluppo e tensioni fra i paesi ricchi e industrializzati dell’emisfero settentrionale e le
nazioni povere di quello meridionale. Un autentico suicidio ecologico.
Ma, se milioni di persone muoiono di fame per mancanza di cereali, nei paesi
industrializzati milioni di persone muoiono a causa di patologie indotte da un eccessivo consumo di carne, soprattutto di manzo. Gli americani, gli europei e, in misura crescente, i
giapponesi si ingozzano di carne e muoiono delle classiche malattie del benessere: infarto
del miocardio, cancro, diabete.
Il mostruoso pedaggio ambientale, economico e umano che si deve pagare per mantenere
il complesso bovino mondiale non è oggetto di una diffusa attenzione. La maggior parte
della gente non è consapevole degli effetti che l’allevamento intensivo dei bovini ha
sull’ecosistema del pianeta e sulle sorti della civiltà. Invece, oggi, l’allevamento bovino e il
consumo di carne sono fra le principali minacce al futuro benessere della terra e della
popolazione umana.
Risvegliare nel consesso umano la coscienza del saccheggio dei bovini e la consapevolezza
del male occulto è un compito ingrato. Nel nome del progresso e del profitto, il moderno
complesso bovino ha distrutto ecosistemi naturali e trasformato parte del pianeta in una
desolata terra semi-desertica, inadatta a essere abitata da uomini, animali e vegetali. Nel
nome della razionalità e dell’obiettività, il moderno complesso bovino ha ridotto la natura,
e perdono il lavoro umano, a una risorsa economica, manipolabile e scambiabile in un
libero mercato.
La mitologia della carne è stata utilizzata continuamente per affermare il dominio
maschile, sottolineare le divisioni di classe, promuovere gli interessi del nazionalismo e
del colonialismo, perpetuare la disuguaglianza sociale e lo sfruttamento economico su
scala mondiale.
La storia della lunga relazione dell’umanità con i bovini è la storia delle relazioni
dell’uomo con la propria capacità generativa. Il toro e la vacca, antiche icone della nostra
virilità e fertilità, sono stati dissacrati e snaturati, spogliati della loro vitalità e trasformati
in macchine per produrre. Sono stati sottratti a se stessi, decostruiti in pura materia
manipolabile, ridotti a cose. In un mondo fondato sull’utilità, sulla convenienza, con solo il
mercato a dare senso e significato, la vacca continua ad essere lo specchio ideale
dell’evoluzione della nostra coscienza: la cruda visione di come il mondo che abbiamo
costruito ci abbia trasformati. Abbiamo sostituito meccanismi a organismi, utilitarismo a
spiritualità, standard di mercato a valori civili, trasformandoci da esseri in risorse.
Il complesso bovino è stato fra le più importanti palestre dell’economia moderna. Oggi i
bovini vengono al mondo con l’inseminazione artificiale, il trasferimento di embrioni e
tecniche di clonazione. Allevati con l’occhio all’efficienza economica più che
all’adattamento della specie, sono alimentati forzatamente, imbottiti di farmaci,
monitorati da macchine, costretti e controllati, segregati e manipolati per soddisfare le
caratteristiche imposte dalla moderna zootecnica: dalla nascita alla macellazione sono
trattati come prodotti industriali. Contengono più grasso, pesano di più, maturano più
rapidamente delle bestie allo stato selvatico, ma sono molto meno sani, spesso non sono in
grado di riprodursi autonomamente e sono infestati da malattie parassitiche e
opportuniste; per sopravvivere necessitano si supporti farmacologici. La loro maggiore
produttività comporta una diminuzione della capacità generativa. Finché la produttività
industriale resterò l’unico parametro con cui misurare il nostro rapporto con i bovini e con
altre specie animali e vegetali, non potremmo sviluppare un’etica economica pienamente
compatibile con le regole e i ritmi che governano la sostenibilità.
In natura, la capacità generativa, non la produttività, è misura della sostenibilità. La
capacità generativa è una forza che afferma la vita: la sua essenza è organica; la sua
tecnologia è rigenerativa. la produzione industriale è, spesso, una forza si morte: la sua
essenza è la manipolazione della materia, la tecnologia è consumista. Il mutamento della
nostra relazione con i bovini - dalla venerazione della capacità generativa al controllo della
produttività - rispecchia il mutamento della coscienza della civiltà occidentale, nella lotta
per definire se stessa e il proprio rapporto con l’ordine naturale e lo schema cosmico.
Nel primo stadio del nostro rapporto con i bovini, i nostri antenati veneravano una “forza
generatrice” da cui gli animali erano posseduti e sui cui avevano poco o nessun controllo:
la loro relazione con essi era, al tempo stesso, intima e sacra, basata sulla paura e sulla
dipendenza,. I nostri antenati rendevano omaggio ai bovini per compiacere gli dei, per
garantirsi la benedizione di un’esistenza feconda e ricca; i loro riti erano pensati per
manipolare le forze cosmiche a loro vantaggio, in modo da prosperare; mangiavano carne
per assimilare lo spirito divino, per partecipare al grande ciclo dell’eterna rinascita.
Nella seconda fase di questo rapporto, ci siamo sostituiti agli dei e abbiamo trasformato i
bovini in una risorsa produttiva manipolabile. Abbiamo conquistato il controllo sui bovini
e, per estensione, sulla forza generatrice della natura, rendendoli entrambi dipendenti dai
nostri scopi razionali. Abbiamo annullato la nostra dipendenza dalla natura e sugli altri
esseri umani.
Oggi, siamo al principio della terza fare della saga uomo-bovino. Scegliendo di non
magiare carni bovine, manifestiamo la volontà di fondare una nuova alleanza con queste
creature: una relazione che trascenda gli imperativi del mercato e la dissolutezza del
consumo. Liberare i bovini dal dolore e dall’umiliazione che patiscono nei moderni
allevamenti industriali e nei macelli è un atto umano di enorme importanza pratica e
simbolica: liberare queste creature da un processo che le vede castrare, private delle corna,
bloccate nelle funzioni riproduttive, sottoposte a dosi massicce di ormoni ed antibiotici,
irrorate di insetticidi e sottoposte ad una morte brutale in un macello automatizzato,
sarebbe un atto di contrizione e di riconoscimento del danno che noi moderni abbiamo
inflitto all’interno creato, nell’affannosa ricerca di un potere assoluto sulle forze della
natura.
Andare oltre la carne significa trasformare radicalmente il nostro modo di pensare su
quello che è l’atteggiamento più giusto nei confronti della natura. Nel nuovo mondo che si
va formando, l’attività umana è legata tanto alla forza generativa intrinseca della natura,
quanto agli artificiosi dettati del mercato. Iniziamo ad apprezzare le fonti del nostro
sostentamento, la creazione ispirata da Dio che merita di essere nutrita e richiede di essere
tutelata. La natura non è più un nemico da sottomettere e domare, ma una comunità
primordiale di cui facciamo parte. Le altre creature non sono oggetti o vittime, ma
compagni partecipi di quella grande comunità della vita che costituisce la natura e la
biosfera.
Eliminando la carne dalla dieta umana, la nostra specie può compiere un significativo
passo in avanti verso una nuova consapevolezza, che contempli uno spirito di comunione
con i bovini e, per estensione, con le altre creature viventi con cui condividiamo il pianeta.
37 Jeremy Rifkin, ( Denver, 26 Gennaio 1943), p un economista, attivista e saggista statunitense. E’, inoltre, il presidente della Foundation an Economic Trends di Wachington, insegna alla Warton School of Finanche and Commerce dove tiene i corsi dell’ Executive Education Program sul rapporto fra l’evoluzione della scienza e della tecnologia e lo sviluppo economico, l’ambiente e la cultura.


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