giovedì 18 settembre 2014

Racconto di un racconto del Cammino di Santiago


Sono certa che se mai hai avuto la fortuna di parlare con un tuo amico appena tornato dal Cammino di Santiago, la prima cosa che ti ha detto è che l'ha profondamente cambiato, che è stata un'esperienza unica, indescrivibile, meravigliosa...e tu l'avrai sicuramente guardato come se fosse uno Yeti ( beh, tra barba lunga, peli che probabilmente non vedevano un rasoio da un mese, calli, calli ovunque, o peggio vesciche, magari anche qualche traccia di morsi di cimici da letto...forse avresti abbracciato più volentieri lo Yeti). E nonostante tu abbia accennato o cercato di fargli capire che avevi compreso la profondità di quell'esperienza, lui avrà sicuramente continuato a parlare, parlare e parlare, con gli occhi luccicanti, entusiasta, ma profondamente rilassato. Hai così cercato di capire quali sostanze avesse assunto, perchè se l'effetto era quello, occorreva segnarsi il numero dello spacciatore.



Ti ha raccontato di tutto, ti ha raccontato che la mattina la sveglia suonava alle 5.30, o meglio, alle 5, perchè era anticipata da qualche pellegrino che iniziava a far scricchiolare tutti i sacchetti del suo zaino. E poi gli cadeva la borraccia, e poi iniziava a giocare con la torcia, e poi si vestiva “al buio”...e poi e poi e poi...e poi alle 5.30 suonava la sua sveglia!

Ti ha raccontato della tragica discesa dal letto ( soprattutto se dormiva in alto!) al buio e con i piedi doloranti ancora in modalità “off”, del saluto al tepore del sacco a pelo, ormai sudicio, prima di iniziare a lottare con la sua custodia, cercando di farlo diventare piccolo piccolo.

Ti ha raccontato della sua “colazione da campione”: banane, acqua fredda con nescafé, gallette della peggior qualità, e magari anche uno yougurt ( 4x0,56 cent!!)

Ti ha raccontato del rito sacrale di ogni mattina: l'investitura dei piedi. Di come tutti i pellegrini si riempivano le mani di vaselina e con quella ricoprivano l'intero piede...poi accuratamente mettevano le calze ( Quechua) e poi le scarpe ( Salomon!). Di come i pellegrini più spavaldi ( solitamente i novellini ), dicevano che la vaselina era inutile, che loro erano abituati a camminare in montagna, e non avevano i piedi, avevano dei calli con le dita!
...E dopo qualche giorno mentre al mattino si ricoprivano i piedi di cerotti, cerottini e cerottoni, ti chiedevano un poco di vaselina per quei pochi centimentri di pelle che erano a contatto con la calza!

Ti ha raccontato di come, messo lo zaino in spalla, usciva dall'albergue con la torcia in mano e iniziava a girare la manovellina della dinamo, perchè ancora il sole stava dormendo. ( almeno lui!), e della mattina in cui ha detto che la torcia era inutile, e poi si è ritrovato con mezza gamba sporca di fango!



Ti ha raccontato del miracolo di ogni mattina: camminava! Anche se alla sera aveva un ginocchio fuori uso, sei vesciche, 8 cerotti, tendinite, unghie nere, al mattino come se nulla fosse, fresco come una rosa, CAMMINAVA! ...E aveva voglia di camminare!

Ti ha raccontato come le prime ore erano le più drammatiche: buio, freschino e in astinenza da caffeina. Camminava, ma aveva sonno, provava a distrarsi, a parlare con un compagno, ma era troppo dietro o troppo avanti... allora se la strada era tutta dritta, di come provava a chiudere gli occhi e camminare, appunto perchè la strada era tutta dritta. Ma sul più bello, poco prima della fase Rem ( anzi parecchio prima) di sussulto si svegliava, sì, perchè la posta in gioco era una caviglia ( → e dunque ciao Santiago). E poi ti ha raccontato dell'immensa gioia nel vedere un bar, di vedere un “buon” caffè con leche con un croissant gigantesco!

Ti ha raccontato di quando ha capito il panismo di D'Annunzio con la natura mentre faceva la pipì da solo in mezzo ad un bosco, per non parlare di altro...

Ti ha raccontato dell'arrivo all'albergue ( ovviamente chiuso) e delle lunghe file di zaini, o di quando si è ripetutamente sentito ripetere “todo completo”, e al paese dopo “todo completo”, e poi ancora “todo completo”, tanto che il porce di una chiesa o un cimitero sono apparsi come una soluzione economica, asciutta e rilassante!

Ti ha raccontato di quando giunto finalmente il suo turno per fare la doccia, mentre sorrideva soddisfatto della conquista, apriva l'acqua, e questa era GELIDA e per giunta scendeva goccia a goccia! Ed ovviamente era il giorno in cui urgeva lavarsi anche i capelli...

Ti ha raccontato del “lavaggio” dei panni, tra virgolette perchè era benissimo consapevole che non faceva altro che strofinare con un poco di acqua ( anche questa volta gelida!) e di sapone la sua maglietta sudicia, ma che avrebbe puzzato comunque, forse leggermente di meno.

Ti ha raccontato delle abbuffate serali in compagnia quando gli capitava di trovare la cucina. Ti ha parlato di pasta con tomate fritto, pasta al tonno, zuppe di lenticchie, zuppe di lenticchie, pasta al tonno, pasta con tomate fritto, e ancora pasta con tomate fritto, pasta al tonno e zuppe di lenticchie...o proprio quando gli andava male, di sardine in aceite di girasole con contorno di pomodori e cipolla!

Ti ha raccontato dell'intensa ed accurata cura dei piedi: pellegrini che praticavano il punto-croce sui loro piedi, fino a quando, per una goccia di betadine in meno, finivano al centro de salud con una vescica dalla quale fuoriusciva una profumata acquetta gialla!

Ti ha raccontato di quel suo amico dilaniato dalle cincias durante la notte, con tante punture rosse che non aveva avuto nemmeno quando a due anni avaeva fatto la varicella e di come, quando arrivato in un albergue dicendo di avere questo “male”, l'avessero guardato come un lebbroso.
...ma poi amorevolmente aiutato a disinfestare tutti i suoi averi.

Ti ha raccontato di come alle 10, stanco e dolorante raggiungeva il suo letto e già il concerto, ahimè, era iniziato: rumori di pancia e ronf ronf sono stati la sua ninna nanna per tutto il cammino!

Ti ha poi sicuramente raccontato dei suoi compagni di viaggio: del venezuelano multilingue e broccolatore, del veronese di adozione veneziana sempre sorridente, della tedesca non troppo tedesca e della sua amica, del milanese non milanese, del ragazzo con la trombetta e di quello con la chitarra, di quello con la canna da pesca e l'elmetto, del romanticone di Mursia, e delle donne over 50, 60 da stimare!!!



Ti avrà raccontato tutto ciò per sembrare un eroe...ma sapeva benissimo che tutto quel male ai piedi, alla schiena e ad ogni dove passava ogni giorno in secondo piano. Ti avrà raccontato di tutti quei sorrisi, di tutte quelle gentilezze così vere e incondizionate che ogni giorno ha ricevuto. Ti avrà raccontato di quanto è bello parlare, cenare, conoscere persone che arrivano veramente da tutto il mondo e con umiltà ti insegnano ed imparano. Pur non sapendolo. Ti avrà raccontato di quanto è emozionante dopo più di un mese di cammino arrivare all'obiettivo, Santiago o Finistere, sorridendo, leggeri e liberi! Ti avrà raccontato di come per la prima volta ha sentito la sua anima respirare!

Ti ha raccontato di quanto spera di aver lasciato qualcosa a qualcuno, quanto meno di aver dato il 3% di quello che ha ricevuto.

Ti ha raccontato di quanto per lui questo Cammino non è stato altro che un inizio, un piacevole inizio, non una fine o un'esperienza ( meravigliosa), ma limitata, scollegata dalla vita di tutti i giorni. L'inizio di vedere il mondo, le persone in maniera diversa, l'inizio di un nuovo modo di stare con gli altri.
Ti ha sicuramente invitato a partire...perchè vedere un amico che parte, che si mette lo zaino in spalla è una meravigliosa soddisfazione!

Vorrei ringraziare chi ha camminato per tanto o per poco con me lungo questo Cammino del Norte. Mi avete insegnato tanto. In ordine di apparizione: Alberto, Francesca, Carlos, Matteo, Natalia, Ramones, Simoné, Ana, Pierre, Natalia, Elleonore, Toni, Eduardo, Rodrigo, Clara, Martina, Najara, Antonio, Vanina, Mark, Stefano, Arianna, Ursula, Ciro, Enrico, Nicola, Walter, Adriano, i 3 francesi, i 3 ciclisti, Marina, Simone.




domenica 11 maggio 2014

LANCIA LE CHIAVI E PEDALA! 


Clacson,code ai semafori, smog, 30 minuti per fare 5 km...
NO...
Viaviamo in un mondo frenetico, sclerato, all’insegnata del comfort e della comodità... senza renderci conto che tutto questo lo stiamo barattando con il piacere di stare all’aria aperta, con il viaggio lento, quello che permette di dare resprio e significato ad ogni suo momento. 

Come riappropriacene? Con la bicicletta!
Provaci, provaci per una settimana, sostituisci per i tragitti brevi la macchina con la tua bicicletta, sentirai subito i benefici. 

Meno stress, niente più colonne interminabili ai semafori, perchè tu con la bicicletta le potrai superare agilmente! E il parcheggio?? Niente più preoccupazioni di strisce bianche, blu o gialle, grattini o disco orario...ogni palo, ogni rastrelliera è perfetta! 

E tutti quei soldi per la benzina? Io se fossi in te li investirei comprando un bell’albero, smetti di inquinare ( o almeno consumi un pochino di meno... ) ed aiuti il tuo pianeta!

Le ore e ore passate in palestra? Beh, non dico di disdire l’abbonamento, ma se vai in bicicletta il riscaldamento l’hai già fatto, e qualche kcal in più l’hai sicuramente bruciata! 

L’attenzione costante che devi avere quando sei alla guida? Beh, in bicicletta puoi permetterti di pensare, di liberare la mente, di viaggiare...

Patente a punti, alcol test, paranoie per un sorso di birra in più? Beh, non voglio invitare nessuno ad andare in coma etilico uscendo in bici, ma diciamo che qualche libertà in più te la puoi prendere.

Donne! Ci lamentiamo di ciccia, cellulite, stitichezza e chi più ne ha più ne metta... e abbiamo sempre le chiavi della macchina in mano. Forza, iniziamo dalle piccole cose, - macchina, + bicicletta, vedrete che i risultati non tarderanno a comparire.

E poi, e poi pensate al piacere di pedalare, pensate al cinguettio degli uccellini, pensate al profumo dei fiori e delle piante, pensate al piacere di pedalare strade nascoste poco battute e spesso non asfaltate, i tuoi occhi non potranno che rimanere incantati...ed avranno tutto il tempo per farlo, perchè la bicicletta è un movimento lento, ti permette di trattenere le emozioni che ti possono dare i filiari di cipressi, una strada all’interno di un bosco, un casolare, una vallata vista dall’alto, una piazza colma di persone la domenica mattina... o una città che ancora dorme.

Pensa, pensa... e domani mattina inizia a pedalare! 

lunedì 27 gennaio 2014

27 GENNAIO: PER NON DIMENTICARE



Propongo una lettura tratta dal blog di Atmospherelibri: Cosa ci deve insegnare l'olocausto.

Non tutte le vittime erano ebrei, ma tutti gli ebrei erano vittime. Perché è così importante il ricordo dell’Olocausto? Sei milioni di ebrei, vittime della Shoah, sono state diffamate, demonizzate e disumanizzate, come prologo o giustificazione per il genocidio. Dobbiamo capire che l’omicidio di massa di sei milioni di ebrei e milioni di non ebrei non è una questione di astratte statistiche.
Poiché a ogni persona corrisponde un nome – in ogni persona c’è un’identità. Ogni persona è un universo. Come i nostri saggi ci dicono: “Chi salva una sola vita, è come se lui o lei avesse salvato un intero universo’’. Così come chi ha ucciso una sola persona, è come se avesse ucciso un intero universo.
Il genocidio degli ebrei d’Europa è riuscito non solo per l’industria della morte e la tecnologia di terrore, ma anche a causa dello stato sanzionato dall’ideologia dell’odio. Questo insegnamento del disprezzo, questa demonizzazione dell’altro, questo è dove tutto ha avuto inizio. Come i tribunali canadesi hanno affermato nel sostenere la costituzionalità della legislazione antiodio, “l’Olocausto non è iniziato nelle camere a gas – è cominciato con le parole’’. Questi sono gli effetti catastrofici del razzismo.
Quarant’anni più tardi, negli anni Novanta, questa lezione è rimasta disattesa. La tragedia si è ripetuta. Abbiamo assistito, ancora una volta, a un aumento crescente dell’odio e dell’istigazione, che nei Balcani e in Ruanda ci ha portato alla strada del genocidio.
Il genocidio degli ebrei d’Europa è stato conseguito non solo a causa della cultura sottoscritta dallo stato di odio e dell’industria della morte, ma anche a causa dei crimini dell’indifferenza e a causa delle congiure del silenzio. Ricordiamo che l’etiope Haile Selassie invocò invano l’aggressione di Mussolini nel 1935. Il fascismo marciava avanti, ottenendo una vittoria dopo l’altra. Mentre si preparava la guerra, la Cecoslovacchia fu costretta ad arrendersi a Hitler nel 1938, ma ulteriori appelli per la pace passarono inosservati. La risposta fu l’indifferenza internazionale, e il risultato fu la guerra mondiale e il genocidio.
Abbiamo assistito a una terribile indifferenza e inerzia anche recentemente, finendo sulla strada dell’impensabile – la pulizia etnica nei Balcani – e lungo la strada dell’indicibile – il genocidio in Ruanda – indicibile, perché questo genocidio era evitabile. Nessuno può dire che non lo sapeva. Sapevamo, ma non abbiamo mosso un dito, come avremmo dovuto fare per fermare il genocidio in Darfur, ignorando le lezioni della storia, tradendo il popolo del Darfur, e deridendo la responsabilità di proteggere la gente dall’odio di massa.
Nel mondo in cui viviamo, ci sono poche persone disposte ad affrontare con coraggio la battaglia per l’antirazzismo.
È una nostra responsabilità abbattere questo muro d’indifferenza, spezzare queste cospirazioni del silenzio.
L’indifferenza e l’abulia a una mancata azione ci devono far riflettere – l’indifferenza di fronte al male è accondiscendenza con il male in sé – è complicità con il male.
Se il XX secolo – simboleggiato dall’Olocausto – è stato l’età delle atrocità, è stato anche l’età delle impunità. Alcuni dei responsabili sono stati assicurati alla giustizia, ma molti sono stati amnistiati o dimenticati. In questo contesto, l’istituzione del Tribunale penale internazionale deve essere visto come lo sviluppo più drammatico nel diritto internazionale penale, in quanto Norimberga dev’essere ricordata per scoraggiare atrocità di massa, per proteggere le vittime e perseguire i responsabili.
L’Olocausto è stato reso possibile non solo a causa della “burocratizzazione del genocidio”, ma anche a causa della complicità delle élite – medici, leader religiosi, giudici, avvocati, ingegneri, architetti, educatori, e simili. Come è nostra responsabilità dire la verità al potere, il potere deve tenere conto della verità.
Il genocidio degli ebrei d’Europa si è verificato non solo per la vulnerabilità dei senza potere, ma anche per l’impotenza del vulnerabili. Non è sorprendente che la triade di igiene razziale nazista – le leggi di sterilizzazione, le leggi razziali di Norimberga, il programma di eutanasia – mirava a coloro “la cui vita non era degna di essere vissuta”, e non è irreale, come il professor Henry Friedlander sottolinea nel suo lavoro su “Le origini del genocidio”, che il primo gruppo individuato da uccidere fu quello dei disabili ebrei – il tutto ancorato alla scienza della morte, alla medicalizzazione della pulizia etnica, alla sanificazione del vocabolario della distruzione.
La responsabilità come cittadini del mondo e come rappresentanti dei governi è dare voce a chi non ha voce, siano essi disabili, poveri, rifugiati, anziani, donne vittime di violenza, bambini vulnerabili – i più vulnerabili dei vulnerabili.
Conclusione
I sopravvissuti dell’Olocausto sono i veri eroi dell’umanità. Hanno assistito e sopportato il peggio della disumanità, ma in qualche modo hanno trovato nelle profondità della propria umanità il coraggio di andare avanti, di ricostruire la loro vita come noi abbiamo costruito le nostre comunità. Ci dobbiamo ricordare che ogni persona ha un nome e un’identità – che ogni persona è un universo – che per salvare una vita si salva un intero universo.
Ricordiamo – e ci impegniamo – e questo non deve essere una questione di retorica, ma deve essere un impegno di azione – che mai più saremo indifferenti all’incitamento e all’odio, che mai più saremo in silenzio di fronte al male, che mai più ci lasceremo andare al razzismo e all’antisemitismo, che mai più ignoreremo la sorte dei più deboli, che mai più resteremo indifferenti di fronte alle atrocità di massa e all’impunità.
Parleremo e agiremo contro il razzismo, contro l’odio, contro l’antisemitismo, contro le atrocità di massa, contro l’ingiustizia – e contro il crimine dei crimini il cui nome non si dovrebbe nemmeno nominare: genocidio.

lunedì 20 gennaio 2014

ECOCIDIO: ASCESA E CADUTA DELLA CARNE 





Il mondo moderno ha trasformato animali, lavoratori degli impianti di macellazioni e consumatori in dati di produzione e consumo utensili e target, privi di qualsiasi valore intrinseco e spirituale, involucri vuoti mossi in sincronia per tenere il ritmo degli allevamenti tecnologici, delle linee di lavorazione, delle casse dei fast food.

In Ecocidio: ascesa e caduta della carne, l’economista americano e critico della società, Jeremy Rifkin37, affronta dal punto di vista storico e culturale “il complesso bovino”, che nel nome del progresso e del profitto ha devastato il sistema ecologico planetario, trasformando completamente il mondo.



Attualmente, il nostro pianeta è popolato da un miliardo e 280 milioni di bovini. Quest’immensa mandria occupa, direttamente o indirettamente, il 24 % della superficie terrestre e consuma una quantità di cereali sufficiente a sfamare centinaia di milioni di persone. Il peso complessivo di questi animali supera quello dell’intera popolazione umana. Il continuo incremento della popolazione bovina sta sconquassando l’ecosistema terrestre, distruggendo l’habitat naturale di sei continenti; l’allevamento dei bovini è la principale causa della distruzione delle sempre più ridotte aree di foresta pluviale rimaste sulla terra. In Centroamerica e Sudamerica, milioni di ettari di foreste vergini vengono abbattuti per lasciare spazio a pascoli per il bestiame. Il pascolo eccessivo in aree aride o semi-aride ha creato deserti sterili e desolati in quattro continenti. Negli USA, oggi, la maggior fonte di inquinamento organico delle falde acquifere è il materiale organico che esce dalle stalle. I bovini sono anche responsabili di buona parte del riscaldamento globale del pianeta: emettendo metano, un potente gas-serra che impedisce al calore di disperdersi fuori dall’atmosfera terrestre.
Bovini e altro bestiame d’allevamento consumano il 70% di tutti i cereali prodotti negli USA. Oggi, circa un terzo della raccolta totale di cereali è impiegata come mangime per bovini e altro bestiame d’allevamento, mentre circa un miliardo di esseri umani soffrono per la fame e la denutrizione cronica. Nei paesi in via di sviluppo, milioni di piccoli agricoltori vengono allontanati con la forza dalle terre dei loro avi, le quali, dalla produzione di cereali alimentati per la sussistenza, devono passare a quella, commerciale, di cereali per mangimi. L’utilizzo di cereali per l’alimentazione animale, mentre milioni di persone muoiono di fame, ha innescato violenti scontri politici in alcuni paesi in via di sviluppo e tensioni fra i paesi ricchi e industrializzati dell’emisfero settentrionale e le nazioni povere di quello meridionale. Un autentico suicidio ecologico.
Ma, se milioni di persone muoiono di fame per mancanza di cereali, nei paesi industrializzati milioni di persone muoiono a causa di patologie indotte da un eccessivo consumo di carne, soprattutto di manzo. Gli americani, gli europei e, in misura crescente, i giapponesi si ingozzano di carne e muoiono delle classiche malattie del benessere: infarto del miocardio, cancro, diabete.page44image28104


Il mostruoso pedaggio ambientale, economico e umano che si deve pagare per mantenere il complesso bovino mondiale non è oggetto di una diffusa attenzione. La maggior parte della gente non è consapevole degli effetti che l’allevamento intensivo dei bovini ha sull’ecosistema del pianeta e sulle sorti della civiltà. Invece, oggi, l’allevamento bovino e il consumo di carne sono fra le principali minacce al futuro benessere della terra e della popolazione umana.


Risvegliare nel consesso umano la coscienza del saccheggio dei bovini e la consapevolezza del male occulto è un compito ingrato. Nel nome del progresso e del profitto, il moderno complesso bovino ha distrutto ecosistemi naturali e trasformato parte del pianeta in una desolata terra semi-desertica, inadatta a essere abitata da uomini, animali e vegetali. Nel nome della razionalità e dell’obiettività, il moderno complesso bovino ha ridotto la natura, e perdono il lavoro umano, a una risorsa economica, manipolabile e scambiabile in un libero mercato.
La mitologia della carne è stata utilizzata continuamente per affermare il dominio maschile, sottolineare le divisioni di classe, promuovere gli interessi del nazionalismo e del colonialismo, perpetuare la disuguaglianza sociale e lo sfruttamento economico su scala mondiale.
La storia della lunga relazione dell’umanità con i bovini è la storia delle relazioni dell’uomo con la propria capacità generativa. Il toro e la vacca, antiche icone della nostra virilità e fertilità, sono stati dissacrati e snaturati, spogliati della loro vitalità e trasformati in macchine per produrre. Sono stati sottratti a se stessi, decostruiti in pura materia manipolabile, ridotti a cose. In un mondo fondato sull’utilità, sulla convenienza, con solo il mercato a dare senso e significato, la vacca continua ad essere lo specchio ideale dell’evoluzione della nostra coscienza: la cruda visione di come il mondo che abbiamo costruito ci abbia trasformati. Abbiamo sostituito meccanismi a organismi, utilitarismo a spiritualità, standard di mercato a valori civili, trasformandoci da esseri in risorse.
Il complesso bovino è stato fra le più importanti palestre dell’economia moderna. Oggi i bovini vengono al mondo con l’inseminazione artificiale, il trasferimento di embrioni e tecniche di clonazione. Allevati con l’occhio all’efficienza economica più che all’adattamento della specie, sono alimentati forzatamente, imbottiti di farmaci, monitorati da macchine, costretti e controllati, segregati e manipolati per soddisfare le caratteristiche imposte dalla moderna zootecnica: dalla nascita alla macellazione sono trattati come prodotti industriali. Contengono più grasso, pesano di più, maturano più rapidamente delle bestie allo stato selvatico, ma sono molto meno sani, spesso non sono in grado di riprodursi autonomamente e sono infestati da malattie parassitiche e opportuniste; per sopravvivere necessitano si supporti farmacologici. La loro maggiore produttività comporta una diminuzione della capacità generativa. Finché la produttività industriale resterò l’unico parametro con cui misurare il nostro rapporto con i bovini e con altre specie animali e vegetali, non potremmo sviluppare un’etica economica pienamente compatibile con le regole e i ritmi che governano la sostenibilità.

In natura, la capacità generativa, non la produttività, è misura della sostenibilità. La capacità generativa è una forza che afferma la vita: la sua essenza è organica; la sua tecnologia è rigenerativa. la produzione industriale è, spesso, una forza si morte: la sua essenza è la manipolazione della materia, la tecnologia è consumista. Il mutamento della




nostra relazione con i bovini - dalla venerazione della capacità generativa al controllo della produttività - rispecchia il mutamento della coscienza della civiltà occidentale, nella lotta per definire se stessa e il proprio rapporto con l’ordine naturale e lo schema cosmico.


Nel primo stadio del nostro rapporto con i bovini, i nostri antenati veneravano una “forza generatrice” da cui gli animali erano posseduti e sui cui avevano poco o nessun controllo: la loro relazione con essi era, al tempo stesso, intima e sacra, basata sulla paura e sulla dipendenza,. I nostri antenati rendevano omaggio ai bovini per compiacere gli dei, per garantirsi la benedizione di un’esistenza feconda e ricca; i loro riti erano pensati per manipolare le forze cosmiche a loro vantaggio, in modo da prosperare; mangiavano carne per assimilare lo spirito divino, per partecipare al grande ciclo dell’eterna rinascita.

Nella seconda fase di questo rapporto, ci siamo sostituiti agli dei e abbiamo trasformato i bovini in una risorsa produttiva manipolabile. Abbiamo conquistato il controllo sui bovini e, per estensione, sulla forza generatrice della natura, rendendoli entrambi dipendenti dai nostri scopi razionali. Abbiamo annullato la nostra dipendenza dalla natura e sugli altri esseri umani.
Oggi, siamo al principio della terza fare della saga uomo-bovino. Scegliendo di non magiare carni bovine, manifestiamo la volontà di fondare una nuova alleanza con queste creature: una relazione che trascenda gli imperativi del mercato e la dissolutezza del consumo. Liberare i bovini dal dolore e dall’umiliazione che patiscono nei moderni allevamenti industriali e nei macelli è un atto umano di enorme importanza pratica e simbolica: liberare queste creature da un processo che le vede castrare, private delle corna, bloccate nelle funzioni riproduttive, sottoposte a dosi massicce di ormoni ed antibiotici, irrorate di insetticidi e sottoposte ad una morte brutale in un macello automatizzato, sarebbe un atto di contrizione e di riconoscimento del danno che noi moderni abbiamo inflitto all’interno creato, nell’affannosa ricerca di un potere assoluto sulle forze della natura.

Andare oltre la carne significa trasformare radicalmente il nostro modo di pensare su quello che è l’atteggiamento più giusto nei confronti della natura. Nel nuovo mondo che si va formando, l’attività umana è legata tanto alla forza generativa intrinseca della natura, quanto agli artificiosi dettati del mercato. Iniziamo ad apprezzare le fonti del nostro sostentamento, la creazione ispirata da Dio che merita di essere nutrita e richiede di essere tutelata. La natura non è più un nemico da sottomettere e domare, ma una comunità primordiale di cui facciamo parte. Le altre creature non sono oggetti o vittime, ma compagni partecipi di quella grande comunità della vita che costituisce la natura e la biosfera.
Eliminando la carne dalla dieta umana, la nostra specie può compiere un significativo passo in avanti verso una nuova consapevolezza, che contempli uno spirito di comunione con i bovini e, per estensione, con le altre creature viventi con cui condividiamo il pianeta. 



37 Jeremy Rifkin, ( Denver, 26 Gennaio 1943), p un economista, attivista e saggista statunitense. E’, inoltre, il presidente della Foundation an Economic Trends di Wachington, insegna alla Warton School of Finanche and Commerce dove tiene i corsi dell’ Executive Education Program sul rapporto fra l’evoluzione della scienza e della tecnologia e lo sviluppo economico, l’ambiente e la cultura.